Leucemia, linfoma, cancro alla tiroide, al polmone, al seno, allo stomaco. In Polinesia, i test nucleari francesi hanno lasciato impresso il loro marchio mortale sulla pelle degli abitanti. Lo stronzio ha divorato loro le ossa, il cesio ha danneggiato muscoli e genitali, lo iodio è penetrato nella tiroide. Un disastro sanitario rimasto a lungo nascosto ma ora una nuova analisi rivela che la Francia abbia sottovalutato e sottostimato gli effetti dei test.
La storia di questo disastro sanitario in gran parte sconosciuto iniziò il 2 luglio 1966. Quel giorno, l’esercito diede avvio a un programma di test nelle paradisiache isole della Polinesia. Dal 1966 al 1996, gli atolli di Mururoa e Fangataufa furono teatro di 193 test nucleari.
La ONG Disclose e Interprt, in collaborazione con il programma Science & Global Security dell’Università di Princeton (USA), hanno studiato per due anni le conseguenze dei test atmosferici sulla popolazione e l’ambiente. Con l’ausilio di migliaia di documenti militari declassificati, centinaia di ore di calcoli e decine di testimonianze inedite, la nuova inchiesta dimostra per la prima volta l’entità della “ricaduta” radioattiva che ha colpito gli abitanti di questo territorio grande quanto l ‘Europa.
“Secondo i nostri calcoli, basati su una rivalutazione scientifica delle dosi ricevute, furono infettate circa 110.000 persone, quasi l’intera popolazione polinesiana dell’epoca. Modellando nuvole tossiche a supporto, sveliamo anche come le autorità francesi abbiano nascosto il vero impatto dei test nucleari sulla salute dei polinesiani per più di cinquant’anni” è la denuncia di Disclose.
Purtroppo, solo nel 2019 la Francia ha ammesso per la prima volta di aver condotto pericolosi test nucleari nella Polinesia Francese. Una rivelazione shock, arrivata insieme al disegno di legge che introduceva un nuovo statuto della Collettività d’oltremare.
La nuova inchiesta shock
Analizzando i dati contenuti in 2.000 pagine di documenti del ministero della Difesa francese recentemente declassificati, ma anche analizzando mappe, foto e altri documenti ed effettuando dozzine di interviste in Francia e Polinesia francese, i ricercatori hanno ricostruito meticolosamente tre test nucleari chiave e le loro ricadute. I Mururoa Files, una collaborazione tra la redazione di giornalismo investigativo Disclose, il Program on Science & Global Security dell’Università di Princeton e un collettivo di ricerca sulla giustizia ambientale, Interprt, suggeriscono che l’impatto dei test di Aldébaran, Encelade e Centaure del 1966, 1971 e 1974 sia stato di gran lunga maggiore rispetto a quanto riconosciuto ufficialmente. Un risultato rivoluzionario.
Secondo lo studio, la Francia ha costantemente sottovalutato l’impatto devastante dei suoi test nucleari nella Polinesia francese negli anni ’60 e ’70 e ciò potrebbe consentire a più di 100.000 persone di richiedere un risarcimento.
Il 18 febbraio 2020, l’Istituto nazionale per la salute e la ricerca medica (Inserm) ha pubblicato, su richiesta del ministero della Difesa, un rapporto sulle conseguenze sulla salute dei test nucleari nella Polinesia francese. Secondo questa perizia, i suoi autori ritenevano di non poter “trarre una conclusione solida” sull’esistenza di “collegamenti tra la ricaduta dei test nucleari atmosferici e il verificarsi di patologie indotte dalle radiazioni”. E il collegio di esperti ha sottolineato la necessità di “affinare le stime delle dosi ricevute dalla popolazione locale e dal personale civile e militare”.
“Questo è esattamente ciò che ci siamo sforzati di fare in questa indagine” sostiene Disclose.
Il modello dell’inchiesta di Disclose mostra altro, esaminando gli effetti della sola bomba Centaure – l’ultima ad essere esplosa nell’atmosfera prima che i test francesi si spostassero sottoterra. Secondo quanto riportato da The Guardian, Parigi ha sottovalutato la contaminazione su Tahiti fino al 40%, consentendo a decine di migliaia di persone in più di essere riconosciute come vittime dei test.
Utilizzando dati meteorologici, archivi militari e documenti scientifici sulle dimensioni del fungo atomico radioattivo dell’arma, il team ha tracciato il suo passaggio su Tahiti e sugli 80.000 abitanti di Papeete, capitale della Polinesia francese. Si prevedeva che la nuvola si sarebbe diretta a nord, ma non ha mai raggiunto l’altezza prevista di 9.000 m, rimanendo invece a circa 5.200 m. Da lì sarebbe si sarebbe spinta verso ovest su Tahiti, dove non erano state prese precauzioni per proteggere la popolazione, raggiungendo l’isola alle 2 del mattino del 19 gennaio 1974, 42 ore dopo l’esplosione.
Secondo un rapporto confidenziale del ministero della salute polinesiano ottenuto dai ricercatori, circa 11.000 vittime dei test hanno ricevuto dosi di radiazioni superiori a 5 millisievert (mSv), cinque volte più alte del livello per il quale si poteva chiedere un risarcimento dopo aver contratto il cancro.
La conferma della Francia
Proprio il mese scorso, l’Inserm è tornata a parlare della vicenda sostenendo che
“Dopo aver esaminato 1.200 pubblicazioni, le conclusioni degli esperti sono che molte patologie possono essere indotte da radiazioni ionizzanti, inclusa la maggior parte dei tumori, ma anche alcune patologie cardiovascolari o cataratte. Per i tumori l’effetto delle radiazioni ionizzanti si manifesta senza soglia, quindi potenzialmente da basse dosi, anche se il numero di casi previsto aumenterà con la dose. In altre parti del mondo dove sono stati effettuati test nucleari atmosferici, sono stati osservati collegamenti con il rischio di cancro alla tiroide dopo l’irradiazione nei bambini e il rischio di alcune leucemie, nella popolazione generale o nei militari. I pochi studi effettuati in Polinesia sono coerenti con questi risultati. Tutto va dunque nella direzione di un probabile effettodi questi test nucleari sull’insorgenza del cancro alla tiroide in Polinesia”.
Di fatto, anche l’Istituto nazionale per la salute e la ricerca medica francese lo ha ammesso.
A farne le spese sono stati gli ignari abitanti di queste bellissime isole che speriamo possano ottenere presto giustizia.
Qui lo studio dell’Inserm
Fonti di riferimento: Moruroa-files, Inserm, Inserm, The Guardian
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