In principio serviva a ricordare tutte le battaglie fatte dalle donne in campo sociale, economico e politico e a tenere viva l’attenzione sulla violenza e la discriminazione che non si possono dire superate.
Una giornata che ha origini americane, negli Stati Uniti esiste dal 1909 e in Italia dal 1922 e che nasce quindi con fine nobile e lontano dalla connotazione consumistica in cui si è trasformata. È in quest’ottica che la Festa della donna non ha più senso, perché di certo non serve una data celebrativa per sentirsi donne.
Se la si vede da un’altra prospettiva, ovvero che l’8 marzo non è un giorno di festa, ma una celebrazione per le donne che riuscirono con forza e coraggio ad ottenere gli stessi diritti degli uomini, la parità quindi dei sessi, l’uguaglianza sul lavoro e via dicendo, potrebbe invece averne.
Perché l’8 marzo? È ormai versione fantasiosa diffusa che in questa data venga ricordato un incendio in una fabbrica di New York, in cui morirono un centinaio di donne. La disgrazia di certo ci fu, ma il 12 marzo e soprattutto molti anni dopo che la Giornata della donne veniva celebrata.
In realtà, il Woman’s Day negli Stati Uniti, nasce dopo qualche tempo dal VII Congresso della II Internazionale socialista, tenuto a Stoccarda dal 18 al 24 agosto 1907. Durante la conferenza, in mancanza dell’oratore ufficiale, prese la parola la socialista e attivista dei diritti delle donne Corinne Brown, che non perse occasione per parlare dello sfruttamento delle operaie, delle discriminazioni sessuali e della possibilità del suffragio universale.
Non ci furono ovviamente grandi trasformazioni, se non quella di creare consapevolezza nel potere delle donne. Iniziarono battaglie e manifestazioni, fino alla celebrazioni della prima giornata della donna il 28 febbraio 1909.
Una svolta significativa si ebbe nel 1910 quando 20mila operaie scioperarono per tre mesi a New York. Da qui, la Conferenza internazionale delle donne socialiste di Copenaghen, istituì la giornata di rivendicazione dei diritti femminili. Piano piano anche l’Europa aderì alle celebrazioni fino alla Prima guerra mondiale.
La scelta dell’8 marzo, ha invece origine russe. In quella data, nel 1917 a San Pietroburgo le donne si riunirono in una grande manifestazione per rivendicare diritti e la fine della guerra, un appello inascoltato che sfociò nella rivoluzione russa.
Da celebrazione a festa
La Festa della donna non celebra più il coraggio e la determinazione delle donne, tant’è che in pochissimi sanno cosa esattamente si ricorda. Mimose, regali, cene fuori, spogliarelli non rappresentano quindi il vero spirito di una giornata in cui dovrebbe essere ricordato il sacrificio di tantissime donne.
Per questo motivo, Non una di meno ha lanciato uno sciopero vero e proprio per l’8 marzo, in cui si invitano le donne a non lavorare e mobilitarsi
“Questo significa che nelle 24 ore del giorno 8 marzo tutte le lavoratrici del pubblico impiego e del privato possono scioperare perché esiste la copertura sindacale generale”, si legge nel vademecum.
E se la donna non lavora?
“Dovrà astenersi dai lavori di cura e dal lavoro domestico, in pratica mollare figli e faccende domestiche, e andare in piazza con le femministe, vestite di nero e fucsia colori di battaglia per ribadire il rifiuto della violenza di genere. Consigliato anche esporre al balcone di casa uno striscione Sciopero internazionale delle donne. Io sciopero”.
Le associazioni chiosano:
“Si sciopera contro l’immaginario mediatico misogino, sessista, razzista, che discrimina lesbiche, gay e trans e per costruire spazi politici e fisici transfemministi e antisessisti nei territori, in cui praticare resistenza e autogestione, spazi liberi dalle gerarchie di potere, dalla divisione sessuata del lavoro, dalle molestie”.
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