ROMA (ITALPRESS) – Quanto si stanno impegnando le università italiane nei percorsi didattici dedicati alla sostenibilità? Quali saranno le competenze dei futuri laureati? Che impatto avrà la pandemia, e quali modelli saranno necessari per uno sviluppo davvero sostenibile? A queste e altre domande ha risposto un campione di docenti attraverso l’indagine intitolata “Università, sostenibilità e Next Generation” presentata da Osservatorio Socialis e CSA Research nel corso della cerimonia di consegna del Premio Socialis 2020 alle migliori tesi di laurea su CSR e Sviluppo sostenibile, cui è seguito un talk con esponenti delle imprese, della società civile, del non profit e delle stesse università.
Pur dichiarando l’attuale impegno nella sostenibilità appena superiore alla sufficienza (voto medio pari a 6,5 su 10) per il 95% del campione l’impegno degli atenei sui temi della sostenibilità crescerà nei prossimi 2-5 anni, e per quattro docenti su dieci crescerà molto. Tra le ragioni di queste previsioni prevale tra tutte la consapevolezza della centralità del tema, che «si riverserà necessariamente sulle attività didattiche». Importante anche il ruolo di promozione svolto dalle istituzioni pubbliche e dai fondi dedicati al tema, che orienteranno le agende accademiche. Alcuni docenti ritengono che alla sensibilità sullo sviluppo sostenibile espressa dalla società civile, ed in particolare dai giovani, possa validamente rispondere una specifica offerta formativa, in grado di attirare nuove matricole. Anche il mondo economico esprime attenzione al tema della sostenibilità, richiedendo professionalità adeguate alle sfide del futuro particolarmente complesso. Infine, in una minoranza di risposte si considera la sostenibilità un ossequio alla «moda», prevedibilmente destinata quindi ad esaurirsi nel tempo.
Per il 65% dei professori la crisi sanitaria legata all’emergenza Covid-19 avrà un impatto sui percorsi didattici legati ai temi della sostenibilità. Crisi che impone di allargare il campo ad una visione di tipo eco-sistemico, di accompagnare la società in un percorso di «resilienza trasformativa dei modelli produttivi, dei consumi e della fornitura dei servizi collettivi, di ripensare tutte le attività, compresi i percorsi didattici universitari, per renderli più accessibili ed inclusivi”.
Sette professori su 10 sostengono che sarà il mondo accademico e della ricerca ad agire da propulsore nell’attivazione di percorsi didattici legati alla sostenibilità, mentre il 50% si dice convinto che sarà (anche) la società civile ad esigerli.
A livello didattico circa 4 professori su 10 affermano che esiste una prevalenza di corsi su vari temi specialistici declinati in chiave di sostenibilità che coesistono in egual misura con corsi specifici sulla sostenibilità. Nel futuro il 60% degli intervistati prevede un aumento della coesistenza di entrambe le tipologie, mentre gli atenei tenderanno a puntare ancora meno su corsi specifici.
A ulteriore dimostrazione della pervasività del tema della sostenibilità, vi è la previsione di un’ampia diffusione di tali percorsi didattici in ambito economico e scientifico (71% in entrambi i casi), ambientale ed ecologico (66%), ingegneristico ed architettonico (53%).
“L’indagine evidenzia quanto il tema della sostenibilità sia la base dei saperi del futuro – ha commentato Roberto Orsi, direttore dell’Osservatorio Socialis -. Il crescente interesse dell’offerta formativa delle Università, le tendenze indicate e le esigenze del mondo del lavoro ci dimostrano quanto la pandemia ci costringa a pensare seriamente a nuovi paradigmi, e a promuovere con forza modelli di sviluppo sostenibile non di facciata. Se vogliamo un futuro migliore dobbiamo organizzare meglio i modelli produttivi e la cultura delle organizzazioni, i consumi e la fornitura dei servizi collettivi, attraverso un processo all’interno del quale istruzione e formazione saranno i principali driver del cambiamento”.
Per quanto attiene le competenze acquisibili, l’indagine individua due filoni principali: il primo, promosso da un numero maggiore di docenti, in linea con quanto espresso dall’Agenda 2030, pone l’accento sul patrimonio di conoscenze e competenze orizzontali, trasversali ed interdisciplinari, che spingano i giovani ad alzare lo sguardo al lungo periodo, con l’obiettivo di pensare, pianificare e costruire nuovi modelli di sviluppo, per una società in continua evoluzione.
Il secondo filone predilige l’acquisizione di conoscenze e competenze verticali e specifiche, relative all’ambito scientifico di riferimento. I temi della sostenibilità come nuovo paradigma nella formazione di competenze tecniche e specialistiche relative all’uso delle risorse ambientali, alla misurazione dell’impatto delle attività antropiche ai processi gestionali dell’economia circolare e della finanza sostenibile.
Il Premio Socialis 2020 per le migliori tesi di laurea su CSR e Sviluppo Sostenibile è stato assegnato a: Martina Derito (Politecnico di Torino, Facoltà di Architettura e Design) con la tesi “Amunì – Dal mercato nascono i fiori”, relatore Paolo Tamborrini; Giulia Martignoni (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Facoltà di Scienze politiche, economiche e sociali) con la tesi “La sostenibilità come leva di coesione sociale: la realtà attuale e gli scenari post emergenza Covid-19”, relatore Ferdinando Pagnoncelli; Riccardo Poggi (Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, Facoltà di Economia e Management) con la tesi “Sostenibilità e Sistemi di Misurazione delle Performance: un’analisi in “Poderi dal Nespoli”, relatore Riccardo Silvi.
(ITALPRESS).