La lotta al Covid frena quella all’inquinamento da plastica

ROMA (ITALPRESS) – Due miliardi di tonnellate è la quantità di rifiuti che un mondo sempre più popolato produce ogni anno. Una quantità enorme che potrebbe crescere del 70% entro il 2050. E il fenomeno ha da qualche anno un simbolo: la plastica. Il biennio 2020/2021 avrebbe dovuto segnare la svolta nella lotta dei rifiuti di plastica in natura, che minacciano le specie – in particolare le tartarughe marine – e inquinano gli habitat. Ma il contrasto all’emergenza provocata dal Covid-19 ha riacceso la sfida contro questo nemico, che si ripresenta nell’utilizzo di numerosi oggetti usa e getta, come le mascherine monouso fatte in fibre di plastica. Lo spiega il WWF Italia nel suo ultimo paper “La lotta al Covid frena quella all’inquinamento da plastica” in cui si approfondisce la questione a oltre un anno dall’inizio della pandemia.
Nel 2019, sono state 368 milioni le tonnellate di plastica prodotte globalmente. Una buona notizia è che la produzione in UE è, anno dopo anno, in leggera ma costante diminuzione. La cattiva però è che la plastica è ancora troppa e facciamo fatica a smaltirla: nel 2019 ne abbiamo prodotte ben 57,9 milioni di tonnellate, di cui il 40% è costituito da imballaggi. Questa evidenza ha portato l’UE a varare la cosiddetta Plastic Tax, una tassa entrata in vigore da gennaio 2021 e da luglio in Italia. Sempre dal 1° gennaio 2021 per l’UE diventa inoltre più difficile usare i Paesi in via di sviluppo come “discarica” per la plastica in applicazione della Convenzione di Basilea. E ancora, nel 2021 banditi piatti, posate e cannucce di plastica grazie all’entrata in vigore della Direttiva (UE) 2019/904 il cui scopo è eliminare l’usa e getta e promuovere un approccio circolare ai consumi. Questa Direttiva, però, sta facendo i conti con l’attuale pandemia.
Se la sfida per fermare l’inquinamento da plastica non era facile prima del Covid, lo è ancora di meno ora che si è aggiunto il nuovo enorme problema delle mascherine. Realizzate in fibre di plastica e usate in tutto il mondo nel tentativo di proteggerci e contenere i contagi, le mascherine monouso sono diventate l’emblema di quest’ultimo anno. Si parla di 7 miliardi di mascherine ogni giorno a livello globale. La sola UE ne consuma circa 900 milioni al giorno: in peso sono circa 2700 le tonnellate che finiscono tra i rifiuti (o disperse in natura). Peraltro, essendo costituite da plastica composita e potenzialmente infette, non possono essere avviate al recupero e riciclo.
La mala gestione e la dispersione di questi usa e getta stanno acuendo il dramma dei rifiuti plastici che inquinano e soffocano oceani ed ecosistemi terrestri. In acqua, le mascherine tendono a galleggiare, ma ne esistono di più pesanti, che affondano o restano sospese a tutte le profondità. Sono stati già osservati pesci, tartarughe, mammiferi marini e uccelli che le hanno ingerite intere o sono rimasti vittime degli elastici. La mascherina, inoltre, dopo poche settimane di permanenza nell’ambiente si frammenta in microfibre, che possono accumulare e rilasciare sostanze chimiche tossiche e microrganismi patogeni. Ciò che si è dimostrato necessario per la salvaguardia della nostra salute ha un caro prezzo per l’ambiente.
Solo nell’ambiente marino, il numero di specie colpite da rifiuti plastici (di varia natura e di varie dimensioni) è aumentato di oltre il 159% nel periodo 1995-2015 (passando da 267 a 693 specie e nei due anni successivi, dal 2015 al 2018, è ulteriormente raddoppiato arrivando a circa 1.465 specie.
(ITALPRESS).

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