Nuovi orizzonti nella cura del tumore al seno, Italia all’avanguardia

MILANO (ITALPRESS) – Il tumore al seno è causato dalla moltiplicazione incontrollata di alcune cellule, principalmente di quelle della ghiandola mammaria che si trasformano in cellule maligne. Nel 2022 secondo i dati Aiom-Airtum sono stati diagnosticati 55.700 casi di tumore al seno, con un aumento dello 0.5% rispetto al 2020, un trend in crescita già evidenziato e atteso. Le proiezioni indicano infatti che il numero di tumori al seno è destinato a salire nei prossimi due decenni, mediamente del 2-3% ogni anno. Il tumore mammario rappresenta il 41% di tutti i tumori femminili sotto i 50 anni, il 35% tra i 50 e i 69 anni e il 22% nelle donne over 70. Un’alta incidenza non significa però una mortalità altrettanto elevata, soprattutto nel nostro paese: si valuta che oggi in Italia vivono oltre 834.000 donne che nella vita si sono ammalate di tumore al seno, la sopravvivenza stimata a 5 anni, cioè la percentuale di pazienti che dopo 5 anni dalla diagnosi non sono morte per il tumore e che in buona parte non moriranno è dell’88%, tra le più alte del mondo: negli Usa è dell’84% e in Europa varia a seconda del paese tra l’81% e l’84%. Sono questi alcuni dei temi trattati da Oreste Gentilini, professore associato di chirurgia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, primario dell’unità di chirurgia della mammella e responsabile della breast unit presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, nonchè presidente dell’associazione internazionale di ricerca EuBreast, intervistato da Marco Klinger per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress.
“L’Italia è all’avanguardia nel mondo sulla ricerca senologica, i numeri ci dimostrano questo – ha esordito – La percentuale di guarigione dell’88% a 5 anni è superiore rispetto a quella di altri paesi importanti ed evoluti”. A questo proposito, è recente lo studio pubblicato proprio dal San Raffaele sulle possibilità di evitare l’asportazione del linfonodo sentinella, l’attuale standard di trattamento nella cura del tumore al seno: “Il linfonodo sentinella ha questo nome perchè è il primo a essere eventualmente interessato dalle cellule neoplastiche, si localizza nel cavo ascellare, non è un concetto anatomico ma funzionale, abbiamo bisogno di effettuare una procedura che ci fa identificare dove si trova – ha spiegato il professore – Storicamente veniva utilizzato un colorante, ora un composto con un tracciante radioattivo iniettato dietro l’areola, che si localizza nei dotti linfatici e identifica il linfonodo sentinella, che è quello predittivo dello stato di salute dei linfonodi”.
“Attualmente l’asportazione del linfonodo sentinella è ancora lo standard di trattamento, ma abbiamo pubblicato uno studio importante in cui dimostriamo che con i tumori di piccole dimensioni è anche possibile evitare l’asportazione senza compromettere la prognosi delle pazienti – ha aggiunto Gentilini – In passato tutte le donne venivano sottoposte allo svuotamento ascellare che comporta aspetti non da poco. La biopsia del linfonodo sentinella ci ha permesso di ridurre il famoso evento del braccio ingrossato laddove siano stati asportati i linfonodi ascellari – ha precisato – La prevenzione si fa evitando di togliere linfonodi laddove sia possibile, ora davvero solo in casi rari viene effettuata l’asportazione”.
E proprio per evitare oppure trattare il linfedema, i consigli sono semplici e chiari: “Nelle donne sottoposte a questo intervento, occorre dare raccomandazioni molto semplici ma spesso molto utili, ovvero evitare microtraumatismi nella cura delle mani, in cucina o mentre si fa giardinaggio, proteggersi anche con i repellenti dagli insetti, a volte basta poco per scatenare il linfedema – ha riconosciuto – Laddove compaia e si cronicizzi, ci viene in aiuto la fisioterapia e ci sono guaine elastiche che possono ridurlo, c’è anche la chirurgia ma solo in centri particolarmente attrezzati”.
E sull’utilizzo sempre crescente della terapia neoadiuvante: “E’ una delle cose cambiate tantissimo negli ultimi 5-10 anni. E’ nata per i tumori non operabili per farli diventare operabili, poi per quelli grandi per farli diventare piccoli – ha sottolineato – Ora in realtà il motivo principale per cui viene utilizzata è valutare la risposta in vivo, così abbiamo la possibilità di verificare se le terapie sono efficaci oppure no, ed eventualmente correggere il tiro laddove la terapia non si dimostri particolarmente efficace. Ci sono stati anche farmaci molto innovativi che hanno migliorato ulteriormente la situazione”. Nella prevenzione e nella cura di tumori al seno, infine, uno degli aspetti più importanti riguarda gli approfondimenti sulla genetica: “Un altro dei vantaggi della terapia neoadiuvante è che c’è qualche mese di tempo, così si possono selezionare persone su cui fare il test genetico che richiede un pò di tempo”, ha illustrato Gentilini.
“Possiamo così approfondire questa cosa e lo facciamo soprattutto quando ci sono donne giovani al di sotto dei 40 anni in tre casi: se richiedono un approfondimento a livello genetico, se c’è una familiarità importante, o se ci sono aspetti che riguardano la biologia. In quest’ultimo caso – ha concluso – Ci sono dei farmaci particolarmente efficaci nelle donne portatrici di mutazione genetica con rischio di ricaduta”.

– foto tratto da video Medicina Top –
(ITALPRESS).

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