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Arrestato il boss di Cosa Nostra che gestiva gli ‘affari’ dal Brasile

PALERMO – Associazione mafiosa, estorsione consumata e tentata, lesioni personali, sequestro di persona e intestazione fittizia di beni. Sono i reati contestati, a vario titolo, a cinque fermati dai carabinieri del Comando provinciale di Palermo. L’operazione, denominata ‘Brevis’, ha colpito il mandamento mafioso di Pagliarelli. Il fermo è stato disposto dai magistrati della Dda, coordinati dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca. Individuato il presunto nuovo reggente del mandamento di Pagliarelli: sarebbe Giuseppe Calvaruso, che da tempo viveva in Brasile e che era rientrato in Italia momentaneamente con l’intento poi di ritornare in Sudamerica.

Calvaruso, che avrebbe assunto la guida del mandamento mafioso di Pagliarelli dopo l’arresto di Settimo Mineo avvenuto con l’operazione ‘Cupola 2.0’, è accusato di avere individuato di volta in volta gli uomini più affidabili per la gestione degli affari delle famiglie mafiose a lui subordinate. Tra questi Giovanni Caruso, che sarebbe stato il suo referente quando era lontano dall’Italia. Secondo gli inquirenti Calvaruso avrebbe anche mantenuto “un costante collegamento” con gli esponenti di vertice dei mandamenti mafiosi di Porta Nuova, Noce, Villabate e Belmonte Mezzagno per la gestione di affari illeciti.

Tra le accuse anche quella di essere intervenuto, in qualità di “uomo d’onore”, nella risoluzione di controversie fra privati e di avere “assicurato l’ordine pubblico” sul territorio “autorizzando e prendendo parte” a un violento pestaggio contro gli autori di alcune rapine non autorizzate dai vertici del mandamento. Calvaruso avrebbe anche assicurato il mantenimento in carcere dei detenuti appartenenti alle famiglie mafiose del mandamento e avrebbe gestito, tramite prestanome, attività economiche dentro e fuori il territorio del mandamento.

LA MAFIA AL POSTO DELLO STATO

Nel territorio del mandamento mafioso di Pagliarelli, a Palermo, esisteva per l’economia una sorta di “amministrazione mafiosa”.

Dalle indagini sono emersi “diversi episodi riguardanti il sistematico ricorso di commercianti e imprenditori per ottenere autorizzazioni all’apertura di attività commerciali”, sostengono inquirenti e investigatori. Una “amministrazione mafiosa” che era anche, all’occorrenza, “giurisdizione mafiosa” per la risoluzione di controversie. “L’organizzazione- dicono i carabinieri del Comando provinciale di Palermo- ha assunto, secondo consolidata tradizione mafiosa, una patologica funzione supplente rispetto alle istituzioni dello Stato”. La famiglia mafiosa di Pagliarelli veniva infatti investita, fra le altre cose, per individuare e punire gli autori di più rapine agli esercizi commerciali, trovare e restituire ai legittimi proprietari un’auto rubata e autorizzare l’apertura di nuove attività.

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